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Tecno Tremonti utili distribuibili in presenza di riserve disponibili

Diritto societario > Società e bilancio

Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde
Edizione n. 39 del 1 giugno 2003

pagina 884

Autore: Paolo Meneghetti

LA distribuzione DI riserve OGGETTO DI DETASSAZIONE

Nell'esercizio 2001, la nostra societa` a responsabililta` limitata ha beneficiato, ai fini Irpeg, dell'integrale detassazione degli utili realizzati, con riferimento ai benefici ex tremonti-bis. Di una parte di questi utili, nel 2002 e` stata deliberata la distribuzione ai soci; questi ultimi hanno diritto al credito d'imposta sui dividendi incassati, oppure no? [167949] Marcello Tromboni - AVENZA
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La detassazione tremonti-bis, articolo 4, legge 383/2001, permette di ottenere su una parte degli utili prodotti l'azzeramento dell'Irpeg e cio` comporta che il cosiddetto canestro A non venga alimentato. La conseguenza e` la formazione di riserve su cui la societa` non ha versato l'Irpeg e quindi, in ipotesi di dividendo, non puo` attribuire crediti d'imposta. Pertanto, ai soci cui vengano attribuite riserve oggetto di detassazione non e` possibile assegnare il credito d'imposta. Tutto cio`, ovviamente, a condizione che il basket A della societa` in questione non sia gia` stato alimentato nel passato per motivi opposti a cio` che si e` verificato con la detassazione, cioe`, ad esempio, la presenza di costi non deducibili che hanno diminuito l'utile civilistico nel contempo generando debito Irpeg che ha alimentato il basket A. Se la societa` avesse a disposizione basket A potrebbe utilizzarlo assegnando credito d'imposta ai soci in occasione della distribuzione delle riserve detassate da tremonti-bis.



Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde
Edizione n. 45 del 12 giugno 2005

Autore: Alessandro Corsini

LE riserve IN SOSPENSIONE SI AFFRANCANO SE CONVIENE

Nel caso in cui una Srl abbia affrancato riserve ai sensi dellarticolo 1 del Dlgs 467/97, riserve che si sono formate a seguito della legge 357/94 (tremonti), scontando limposta sostitutiva della maggiorazione di conguaglio pari al 5,6% liquidata nel 760/98, al momento della distribuzione delle riserve in argomento deve applicare le nuove disposizioni sullaffrancamento ex legge 311/2004? (Finanziaria 2005). Queste riserve dove devono essere esposte nel modello 770/2005? I soci, nella propria dichiarazione dei redditi, a quale tassazione dovranno assoggettare le riserve di cui sopra?
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La disposizione contenuta nellarticolo 1 del Dlgs 461/97 rendeva obbligatorio laffrancamento delle riserve di utili non assoggettati a imposizione con unimposta sostitutiva della maggiorazione di conguaglio, imposta che si sarebbe dovuta versare in caso di distribuzione di queste riserve. In sostanza, loperazione rendeva le riserve da schiave a non schiave. Si segnala che laffrancamento delle riserve in sospensione previsto dalla legge 311/2004, Finanziaria per il 2005 non è un obbligo, potendosi decidere in questo senso dopo opportuni calcoli di convenienza. Quanto allesposizione nel modello 770, si vedano le istruzioni relative al modello 2004, in particolare al quadro SI. La tassazione in capo ai soci varia in relazione al fatto che essi possiedano una partecipazione qualificata o meno.




Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde
Edizione n. 8 del 26 gennaio 2004
pagina 152

Autore: Paolo Meneghetti

CREDITO D'IMPOSTA: DAL 2004 IL SISTEMA E' ABROGATO

Nel bilancio 2001 una societa` presentava riserve di utili pari a 100.000 euro e un credito d'imposta dividendi da canestro A di 204.000 euro. L'esercizio 2002 ha creato un utile civilistico di 500.000 euro, ma grazie alla legge tremonti non ha pagato imposte. Pertanto, al 30 aprile 2003, data di approvazione del bilancio, risultavano riserve e utili da distribuire pari a 600.000 euro, mentre il credito d'imposta del canestro A rimaneva di 204.000 euro. A settembre 2003 sono stati distribuiti riserve/utili per 350.000 euro. Era corretto attribuire ai soci un credito d'imposta del 56,25% di 350.000 euro (pari a 196.875 euro) e rimanere con un credito inutilizzato di 7.125 euro (204.000 meno 196.875). Nel caso di una distribuzione nel 2004 cosa cambia rispetto allo scorso anno? [178316] Lettera Firmata - BERGAMO
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La procedura appare corretta se adottata nel 2003. Deliberando la distribuzione di utili per una data somma il credito d'imposta che assisteva questa operazione era pari al 56,25% per tutte le delibere effettuate fino all'esercizio in corso alla data del 1º gennaio 2003 (articolo 14 del Tuir), o meglio fino alla data del 30 settembre 2003 (essendo quest'ultimo termine stabilito per effetto dell'articolo 40, Dl 269/03). Nella delibera si trattava semplicemente di affermare l'assegnazione di credito d'imposta pieno, affermazione legittima data la capienza del canestro A. Tutto cio`, a condizione che l'assemblea sia avvenuta entro il 30 settembre 2003, poiche` in caso contrario andava applicata la norma dell'articolo 40 del Dl 269/2003 che obbliga ad assegnare credito d'imposta "limitato" e all'aliquota del 51,51%, a prescindere da una eventualmente diversa statuizione della delibera assembleare. Queste considerazioni sono valide per le distribuzioni di utili che sono avvenute entro il 31 dicembre 2003, poiche` nel 2004 il sistema del credito d'imposta e` stato abrogato e il socio percipiente il dividendo, se persona fisica detenente partecipazione qualificata, deve sottoporre a tassazione il 40% del dividendo stesso ai sensi dell'articolo 47, comma 1 del nuovo Tuir.



La iscrivibilità tra le immobilizzazioni immateriali
L’articolo 1 DL 269/2003 prevede che, nell’ambito dell’intero coacervo dei costi di ricerca e sviluppo sostenuti, possano essere agevolati solo quelli iscrivibili nelle immobilizzazioni immateriali: si pretende quindi che tali costi siano capitalizzabili, alla luce di quanto prevedono le norme dettate per la redazione del bilancio, ma non si esige che tale capitalizzazione avvenga effettivamente.
Se un determinato costo di ricerca e sviluppo ha i requisiti per essere capitalizzato, esso dà quindi diritto all’agevolazione, a nulla rilevando la circostanza che l’impresa proceda alla sua iscrizione nell’attivo dello stato patrimoniale, ovvero decida di dedurlo nel conto economico, nell’esercizio in cui il costo è sostenuto.
Le ragioni di tale disposizione sono chiare, se si pensa che l’appetibilità dell’agevolazione sarebbe in buona misura venuta meno, se si fosse imposto alle imprese di procedere alla capitalizzazione di tali costi, con conseguente aumento del reddito imponibile nell’esercizio del sostenimento degli stessi. Si prenda l’esempio di una impresa IRES, che nel 2004 ha sostenuto costi di ricerca e sviluppo di 1.000.000, interamente spesabili alla luce della legislazione fiscale: se, per beneficiare dell’agevolazione in commento, l’impresa fosse stata costretta a capitalizzare il costo, procedendo quindi al suo ammortamento in cinque esercizi, l’incremento di imponibile nell’anno 2004 sarebbe stato pari ad 800.000, con conseguente aumento dell’IRES (di 800.000 x 33% = 264.000) e dell’Irap (sino a 800.000 x 4,25% = 34.000). E’ vero che, grazie agli ammortamenti, tali costi sarebbero stati recuperati nei quattro esercizi successivi, ma nel campo fiscale il proverbio
meglio un uovo oggi che una gallina domani regna generalmente sovrano.


L’elasticità concessa dal legislatore fiscale riflette la presa di posizione del principio contabile n. 24 che, in merito ai costi di ricerca e sviluppo che avrebbero i requisiti per essere capitalizzati, afferma quanto segue:
“Circa il fatto che la capitalizzazione dei costi di ricerca e sviluppo costituisca facoltà oppure obbligo, vi sono due diversi orientamenti in dottrina: il primo (facoltà) che si richiama al principio della prudenza, anche alla luce del verbo “possono” utilizzato nella vigente legislazione, ed il secondo (obbligo) che fondamentalmente si richiama alla finalità oggettiva di informazione del bilancio, nella accezione di rappresentazione veritiera e corretta. Nonostante queste due diverse tesi, si ritiene che
il principio fondamentale della prudenza debba prevalere, anche in considerazione del fatto che la capitalizzazione degli oneri in discussione è di carattere aleatorio e condizionato da valutazioni altamente soggettive. Pertanto si ritiene che la corretta interpretazione della norma consista nella facoltà e non nell'obbligo”.


Per determinare quali costi abbiano il requisito della iscrivibilità nelle immobilizzazioni immateriali, si può fare utilmente riferimento a quanto prevede il principio contabile n. 24 stesso, ai sensi del quale:
• non sono mai iscrivibili i costi sostenuti per
la ricerca di base: essi sono costi di periodo, e devono quindi essere addebitati al conto economico dell'esercizio in cui sono sostenuti, poiché rientrano nella ricorrente operatività dell'impresa e sono, nella sostanza, di supporto ordinario alla attività imprenditoriale della stessa. Come conseguenza di tale criterio, che è di comune accettazione e non ammette deroghe, il sostenimento dei costi in esame non dà il diritto di beneficiare della tecno-Tremonti
• per quanto riguarda i costi sostenuti per la
ricerca applicata e lo sviluppo, non vi è una preclusione di ordine generale alla loro iscrivibilità nelle immobilizzazioni. La facoltà di procedere a tale iscrizione non è però sempre e comunque concessa, ma è subordinata al verificarsi di alcune condizioni: di conseguenza, l’impresa deve attentamente valutare se esistano tali condizioni, per determinare se un determinato costo possa rientrare, o meno, nell’ambito della agevolazione tecno - Tremonti.


La prima condizione, comune a tutte le voci iscrivibili come immobilizzazioni nello stato patrimoniale, è che tali costi non esauriscano la loro utilità in un solo periodo, ma manifestino i benefici economici lungo un arco temporale di più esercizi: in tale senso, l’articolo 2426 del codice civile prevede che solo i costi di ricerca e di sviluppo aventi utilità pluriennale possono essere iscritti nell’attivo.
Come precisa il principio contabile 24, a volte l’utilità pluriennale è giustificabile solo in seguito al verificarsi di determinate condizioni gestionali, produttive, di mercato che al momento del sostenimento dei costi possono essere solo
presunte: in questa situazione il legislatore non ha comunque ritenuto di impedire la capitalizzazione, in relazione al fatto di avere stabilito condizioni e vincoli per procedere alla stessa (necessità di ottenere il consenso dell’organo di controllo sulla gestione, se esistente, e divieto di distribuire dividendi, se non vi sono riserve disponibili superiori ai costi capitalizzati).


Una seconda condizione, specificamente dettata per i costi di ricerca e sviluppo, è quella per cui essi, per potere essere capitalizzati, devono essere attinenti a specifici progetti, riguardanti i prodotti – servizi e/o i processi produttivi.


L’attinenza a specifici progetti è condizione necessaria, ma non sufficiente, perché tali costi possano essere legittimamente capitalizzati. A tale fine, il principio contabile n. 24 prevede che essi debbono anche essere:
??relativi ad un prodotto o processo chiaramente definito, nonché identificabili e misurabili
I costi di ricerca e sviluppo capitalizzabili debbono innanzitutto riferirsi ad un progetto, per la realizzazione di un prodotto o di un processo chiaramente definito.
Inoltre, essi debbono essere identificabili e misurabili: ciò significa che l'azienda deve essere in grado di dimostrare la loro diretta inerenza al prodotto o processo, per la cui realizzazione essi sono stati sostenuti. Le eventuali stime effettuate dall'impresa, per distinguere costi capitalizzabili da costi imputabili al conto economico dell'esercizio, dovranno tenere conto della diretta inerenza dei costi in oggetto con il progetto da realizzare. Nei casi in cui risulti dubbio se un costo di natura generica possa essere attribuito ad un progetto specifico, ovvero alla gestione quotidiana e ricorrente, il costo non dovrà essere capitalizzato, ma spesato al conto economico.
??riferiti ad un progetto realizzabile, cioè tecnicamente fattibile, per il quale l'impresa possieda o possa disporre delle necessarie risorse
La realizzabilità del progetto, che comprende anche la previsione di una sua pluriennale utilità, è spesso l'elemento più arduo da definire per l'impresa, in modo particolare nelle fasi iniziali del progetto stesso, che potrebbe concludersi sia con un successo (= progetto realizzabile) ovvero con un insuccesso (= progetto non realizzabile). Molto spesso la determinazione della realizzabilità di un progetto non è possibile nelle fasi iniziali di lancio del progetto stesso. In altri casi, un progetto originariamente definito realizzabile non si dimostra successivamente tale. Di converso, è possibile che un progetto, avviato ancorché l'azienda nutrisse dubbi circa la sua realizzabilità, si dimostri successivamente perfettamente attuabile.
Oltre ai fattori interni all'azienda, che possono condizionare il successo del progetto, vi sono poi fattori esterni di varia natura, che possono esercitare ulteriori elementi di condizionamento: ad esempio, le attività svolte dalla concorrenza in progetti similari, lo sviluppo esterno all'impresa di nuove tecnologie, l'effetto delle tendenze del mercato nel privilegiare certi prodotti a discapito di altri, le decisioni di carattere politico, eccetera.
Il principio fondamentale della prudenza, al quale si debbono ispirare i bilanci d'esercizio, richiede che i costi di ricerca e sviluppo vengano capitalizzati solo dal momento in cui il progetto si dimostri realizzabile.
La realizzabilità del progetto è, di regola, frutto di un processo di stima altamente soggettiva, e assai raramente l'azienda sarà in grado di stabilire preventivamente l'assoluta certezza di successo: tuttavia, se la fattibilità tecnica del prodotto o del processo può essere dimostrata e l'impresa intende produrre e commercializzare il prodotto o utilizzare o sfruttare il processo, l'incertezza indicata si riduce sensibilmente e può quindi identificarsi quella utilità pluriennale, che è condizione indispensabile per la capitalizzazione dei costi.
Inoltre, l'impresa deve possedere risorse adeguate, o dimostrare la disponibilità e la possibilità di procurarsele, siano tali risorse finanziarie, tecnologiche, umane, eccetera, per completare il progetto e per commercializzare o utilizzare il prodotto o il processo.
L'incertezza circa la realizzabilità di un progetto può generare situazioni in cui i costi di ricerca e sviluppo di un progetto vengono addebitati al conto economico in un esercizio (perché al tempo il progetto non era giudicato sufficientemente realizzabile), mentre successivamente gli ulteriori costi sostenuti vengono capitalizzati (perché lo sviluppo degli studi in materia è giunto a conclusioni contrarie).
In tali situazioni non è consentito che costi precedentemente addebitati al conto economico vengano ripresi e capitalizzati nell'attivo patrimoniale, in conseguenza di condizioni che non sussistevano al momento del sostenimento del costo, e che pertanto non ne avevano consentito la capitalizzazione. In una fattispecie del genere, se la società dovesse continuare anche nell'esercizio successivo a sostenere costi del medesimo tipo per le stesse ragioni (per esempio, perché il progetto avviato non è stato ancora completato), la capitalizzazione dei costi potrà avere inizio solamente a fare tempo dal momento in cui tutte le condizioni necessarie per la capitalizzazione sono soddisfatte, e i costi soggetti a tale trattamento sono solamente quelli sostenuti da quel momento in avanti.
Ai fini della decisione, in merito alla capitalizzazione o meno dei costi di ricerca e sviluppo, la significatività in assoluto dell'ammontare in questione non ha alcuna rilevanza: può ben riconoscersi il buon senso del ragionamento, per cui il ripetitivo sostenimento di oneri di ricerca relativi a specifici progetti di ammontare rilevante possa indicare una posizione di fiducia dell'azienda nella propria capacità di sviluppare progetti realizzabili (a meno di non dare un giudizio di dissennatezza continua nella gestione dell'impresa), ma questa posizione non può, di per sé, essere presa a base per la valutazione di realizzabilità dello specifico progetto, che è quanto richiesto per legittimare la capitalizzazione dei costi relativi.
??ricuperabili tramite i ricavi che nel futuro si svilupperanno dall'applicazione del progetto stesso
La capitalizzazione dei costi di ricerca e sviluppo, sostenuti per uno specifico progetto, non dipende solamente dalla valutazione della probabilità che tale progetto abbia successo o meno. È altresí necessario che i ricavi, che l'azienda prevede di realizzare dal progetto in questione, siano almeno sufficienti a coprire i costi sostenuti per lo studio dello stesso, dopo avere dedotto gli ulteriori costi di sviluppo, i relativi costi di produzione ed i costi di vendita direttamente sostenuti per commercializzare il prodotto.
Anche tale valutazione è di carattere estremamente soggettivo ed aleatorio: una valutazione di tale genere sottintende una profonda conoscenza del settore industriale e del mercato in cui l'azienda opera, nonché, spesso, la conoscenza di eventuali trattative che l'azienda sta svolgendo per rendere in futuro possibile la collocazione di un prodotto (il risultato del progetto) non ancora esistente e disponibile.
Il più volte richiamato principio della prudenza impone che estrema attenzione sia data alla valutazione della ricuperabilità dei costi, e che, qualora esistano margini di dubbio circa la possibilità di ricuperare in tutto o in parte i costi sostenuti e da sostenere per la realizzazione del progetto, tali costi siano capitalizzati solo nei limiti in cui i medesimi sono giudicati ricuperabili.



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