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Il punto sull'IVA
• Detrazione dell'Iva sulle auto aziendali: siamo finalmente alla svolta?
Sezione di attualità e di approfondimento in materia di imposta sul valore aggiunto
La ribellione delle imprese a venticinque anni di “ostracismo fiscale” in materia di
detrazione dell'Iva sui costi delle autovetture comincia a dare frutti.
Con una sentenza depositata il 25/05/05, la Commissione Tributaria Provinciale di Milano ha infatti accolto il ricorso presentato da una società contro il silenzio-rifiuto dell'A.F. su un'istanza diretta ad ottenere il rimborso dell'imposta non detratta, per effetto delle limitazioni stabilite dall'art. 19-bis1, lett. c), del DPR n.633 del 26/10/72, sui canoni di leasing e sulle spese di manutenzione di autovetture aziendali.
La Commissione, accogliendo la tesi della ricorrente, ha ritenuto la norma nazionale in contrasto con l'art.17 della Direttiva n.77/388/CEE del 17/05/77 (di seguito: sesta direttiva), le cui disposizioni, rispondendo “ai noti requisiti di essere incondizionate e sufficientemente precise, consentono di emettere pronuncia giurisdizionale di immediata e diretta applicazione della norma comunitaria, la quale non può che essere prevalente sulla norma interna…”. Invero, la decisione si fonda, più che sull'applicazione diretta della norma comunitaria, sulla disapplicazione della norma interna con quella incompatibile.
I giudici milanesi hanno inoltre ritenuto inutile demandare in via pregiudiziale alla
Corte di giustizia di accertare il contrasto della norma interna, osservando che la
Corte, come si dirà a breve, si è già pronunciata su identica questione.
Sul punto, di diverso avviso era stata, precedentemente, la Commissione di Primo Grado di Trento, sez. IV, che con ordinanza n.8 del 21/03/05, depositata il 14/04/05 ha infatti deciso di sospendere un processo concernente il medesimo oggetto, per prospettare alla Corte di giustizia una serie di questioni pregiudiziali (causa C-228/05).
Il Governo, da parte sua, sembra avere recepito il messaggio e ha lanciato un
segnale di buona volontà: l'art.21, co.10, del disegno di legge finanziaria 2006
presentato qualche settimana fa, infatti, nel prevedere la consueta proroga, ancora
per un anno, del regime limitativo derivante dal combinato disposto del citato art.19-bis1 e dell'art.30, co.4, della L. n.388 23/12/00, riduce l'indetraibilità dal 90 all'85 per cento, elevando conseguentemente la misura della detrazione, a partire dal 1 gennaio 2006, dal 10 al 15 percento. Una mossa con la quale si spera forse anche di incidere nel procedimento in corso davanti alla Corte di Giustizia.
Sullo sfondo comunitario, intanto, comincia a prendere consistenza un'iniziativa della Commissione, che recentemente ha messo a punto una nuova proposta per uscire dall'impasse che da oltre un ventennio impedisce l'armonizzazione delle regole sul versante delle limitazioni del diritto di detrazione.
I termini della questione alla disciplina attuale. Essa limita il diritto di detrazione dell'Iva relativa all'acquisto, all'importazione, al noleggio e alla locazione (anche finanziaria) dei mezzi di trasporto indicati nella predetta lett. c) dell'art.19-bis14 ad un decimo dell'importo corrispondente, elevato al 50% per i veicoli con propulsore non a combustione interna; va ricordato che, secondo l'interpretazione dell'A.F.5, la detrazione è esclusa totalmente in relazione alle spese di esercizio dei mezzi stessi (acquisto di ricambi, carburanti, lubrificanti, spese di riparazione e manutenzione, ecc.).
Fino al 31 marzo 1979, la legge non contemplava limitazioni per i beni in esame.
Solo con effetto dal 1 aprile 1979, nel testo dell'art.19 riformulato ad opera del DPR. n.24 del 29/01/79, è stata inserita al secondo comma, tra le altre, la disposizione della lett. c), secondo cui “l'imposta relativa all'acquisto e all'importazione di autovetture e autoveicoli di cui all'art. 26, lettere a) e c), del DPR. n.393 del 15/06/59, non compresi nell'allegata tabella B e non adibiti ad uso pubblico, che non formano oggetto dell'attività propria dell'impresa, nonché alle prestazioni di servizi di cui al terzo comma dell'art.16 concernenti i beni stessi, è ammessa in detrazione per la metà del suo ammontare. La limitazione non si applica agli agenti o rappresentanti di commercio”. La successiva lett. d) dichiarava detraibile nella stessa misura l'imposta relativa all'acquisto di carburanti e lubrificanti destinati ai predetti veicoli.
Successivamente, nell'ambito delle modifiche apportate, con effetto dal 1 gennaio 1981, dal DPR. n.897 del 30/12/80, la disposizione della lett. c) venne integrata precisando che la limitazione operava fino al 31 dicembre 1983. Con D.L. n.953, del 30/12/82 la disposizione stessa veniva però modificata nel senso di stabilire l'esclusione totale della detrazione fino al 31 dicembre 1985.
Da allora in poi il regime di indetraibilità totale è stato prorogato mediante una serie ininterrotta di rinvii del termine, che ad un certo punto è scomparso dal testo della disposizione ed è stato regolato, come tuttora avviene, da norme autonome
(ovviamente senza effetti di carattere sostanziale). In questo contesto, non è rilevante la circostanza che, in occasione della riforma “Visco” del 1997, che ha
profondamente modificato la disciplina della detrazione dell'Iva, la disposizione sia stata ricollocata, con effetto dal 1° gennaio 1998, nella lett. c) dell'art.19-bis1.
Una novità si è registrata, finalmente, con l'art.30 della L. n. 388 del 23/12/00, che ha attenuato il quasi ventennale divieto totale ammettendo, a decorrere dal 1 gennaio 2001, la detrazione parziale, secondo la vigente disciplina, già delineata prima. In proposito, l'A.F., nella circolare n.1/E del 03/01/01, ha evidenziato che la norma che dispone la proroga per l'anno 2001 è stata introdotta sulla base della “presa d'atto” formale adottata dal comitato Iva, in data 14 novembre 2000, in relazione alla consultazione proposta dall'Italia, ai sensi dell'art.29 della sesta direttiva. In tale sede, osserva la circolare, l'Italia si impegnava a consentire una parziale detrazione dell'Iva sulle spese di acquisto e importazione dei predetti mezzi di trasporto, mantenendo l'indetraibilità dell'imposta per le spese di manutenzione e riparazione e per quelle di approvvigionamento di carburanti e lubrificanti.
De iure condendo, come già segnalato, il disegno di legge finanziaria prevede l'elevazione dal 10 al 15 per cento della quota d'imposta detraibile in relazione ai costi di acquisizione dei veicoli, dettagliatamente indicati in precedenza.
Si tratta di:ciclomotori, motocicli, autovetture e autoveicoli di cui all'art. 54, lett. a) e c), del D.Lgs. n. 285/92 non compresi nella tabella B, non adibiti ad uso pubblico, che non formano oggetto dell'attività propria dell'impresa, utilizzati da soggetti diversi dagli agenti e rappresentanti di commercio.
Cfr. la circ. 3 gennaio 2001, n. 1/E, punto 2.3.4.
Eccetto che per i veicoli compresi fra i beni sottoposti allora all'aliquota maggiorata, elencati nella tabella B allegata al DPR n. 633/72.
D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 313, emanato in attuazione della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
La normativa comunitaria
La circolare appena riportata permette di spostare il discorso sull'ordinamento
comunitario, al quale deve necessariamente conformarsi, com'è noto, la disciplina
dell'Iva degli ordinamenti dei paesi membri dell'UE. Quella delle limitazioni del diritto di detrazione, peraltro, è una delle materie su cui l'armonizzazione delle legislazioni non ha ancora raggiunto il livello necessario al corretto funzionamento del sistema. Si versa, anzi, in una vera e propria situazione di stallo istituzionale che il progressivo allargamento dell'Unione, in considerazione della norma sull'unanimità di voto, non contribuisce certo a risolvere.
Posto che il funzionamento dell'imposta si basa sul diritto di detrazione da parte dei
soggetti passivi, essenziale affinché il carico tributario si riversi esclusivamente sui
consumatori finali, e che pertanto il soggetto passivo, quando opera in tale veste,
deve poter recuperare integralmente e immediatamente l'imposta che gli viene
addebitata per acquistare beni e servizi il cui costo è destinato ad incorporarsi nel
prezzo di vendita dei propri prodotti, qualunque limitazione di tale diritto contrasta con il sistema, perché compromette il principio di neutralità; può dare luogo, inoltre, a duplicazioni d'imposta e, sul piano internazionale, a distorsioni della concorrenza,
nella misura in cui le legislazioni nazionali dispongano difformemente.
Nondimeno, tutti gli Stati membri prevedono limitazioni del diritto di detrazione, in
relazione a determinati beni e servizi che, per loro natura, si prestano oggettivamente ad un utilizzo non professionale e per i quali è difficile accertare l'effettivo impiego per fini d'impresa.
La stessa direttiva, nel trattare all'art.17 della “origine e portata del diritto a
deduzione”, stabilisce al par. 6 che “Al più tardi entro un termine di quattro anni a
decorrere dalla data di entrata in vigore della presente direttiva, il Consiglio, con
decisione all'unanimità adottata su proposta della Commissione, stabilisce le spese che non danno diritto a deduzione dell'imposta sul valore aggiunto. Saranno
comunque escluse dal diritto a deduzione le spese non aventi un carattere
strettamente professionale, quali le spese suntuarie, di divertimento o di
rappresentanza.”
Dato che la sesta direttiva è entrata in vigore il 1 gennaio 19788, il termine di quattro anni che il legislatore comunitario si era dato per stilare la “black list” è inutilmente decorso oramai da quasi ventiquattro anni. Non ha sortito effetti il tentativo compiuto dalla Commissione nel 1998, quando presentò una proposta che non ottenne l'approvazione del Consiglio. Per inciso, va segnalato che recentemente la Commissione ha suggerito – nel contesto della proposta di direttiva COM/2004/0728, che si prefigge di apportare sensibili modifiche alla sesta direttiva – di risolvere la questione sopprimendo il par.6 dell'art.17 e aggiungendo l'art.17-bis, il cui contenuto è riportato in nota.9 L'approvazione di una simile proposta probabilmente complicherebbe il quadro di riferimento nel procedimento pregiudiziale davanti alla 8 Con la direttiva 78/583/CEE del Consiglio del 26 giugno 1978, Danimarca, Germania, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi sono stati autorizzati ad applicare le disposizioni della sesta direttiva, al più tardi, il 1 gennaio 1979.
Articolo 17 bis - Limitazioni del diritto alla detrazione
1. Gli Stati membri possono, fatto salvo l'art. 17, par. 5, limitare o escludere il diritto del soggetto passivo alla detrazione dell'imposta
sul valore aggiunto a lui addebitata in relazione alle seguenti spese:
a) spese suntuarie, di divertimento o di rappresentanza;
b) spese relative a viaggio, alloggio, alimenti e bevande, diverse da quelle sostenute dal soggetto passivo nell'esercizio della sua
attività per fornire a titolo oneroso prestazioni di viaggio, alloggio, alimenti e bevande;
c) spese relative ai veicoli stradali a motore, ad eccezione dei veicoli che il soggetto passivo detiene a titolo di scorte mercantili e dei
veicoli da lui messi in vendita nell'esercizio della sua attività, nonché dei veicoli usati come taxi, destinati alla scuola guida o ad
essere dati a noleggio o in leasing;
d) spese relative a imbarcazioni o aeromobili esclusi quelli destinati unicamente al trasporto commerciale di persone o beni.
2. Gli Stati membri possono, ai fini del par. 1, fissare una percentuale per un uso minimo dei veicoli stradali a motore a fini commerciali.
Corte di giustizia promosso dai giudici tributari trentini; questa eventualità, però,
sembra realisticamente da escludere, in considerazione dei tempi, tecnici e politici,
occorrenti per l'approvazione e l'entrata in vigore.
Tornando al par.6 dell'art.17, al secondo comma esso stabilisce che: “Fino all'entrata in vigore delle norme di cui sopra (e cioè della lista dei beni e servizi esclusi dal diritto di detrazione, n.d.a.), gli Stati membri possono mantenere tutte le esclusioni previste dalla loro legislazione nazionale al momento dell'entrata in vigore della presente direttiva”. In base a questa disposizione, che fissa la cosiddetta clausola “standstill”, gli Stati membri non possono, dopo l'entrata in vigore della sesta direttiva, introdurre autonomamente limitazioni del diritto di detrazione, in quanto ciò contrasterebbe con il principio di neutralità, mentre possono mantenere quelle che i loro ordinamenti prevedevano al momento di entrata in vigore della direttiva stessa.
Poiché, come si è visto, le limitazioni relative ai veicoli sono state introdotte nel nostro ordinamento successivamente all'entrata in vigore della direttiva, le disposizioni nazionali che le hanno introdotte si pongono in palese contrasto con la norma comunitaria sopra illustrata, per cui occorre valutare se siano giustificabili in forza di una delle due disposizioni derogatorie di cui appresso.
Il par.7 dell'art.17 della sesta direttiva, difatti, stabilisce che “Fatta salva la
consultazione prevista dall'art.29, ogni Stato membro può, per motivi congiunturali,
escludere totalmente o in parte dal regime di deduzioni la totalità o parte dei beni di
investimento o altri beni.”
L'art.27, inoltre, stabilisce che: “Il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta
della Commissione, può autorizzare ogni Stato membro a mantenere o a introdurre
misure particolari di deroga alla presente direttiva, allo scopo di semplificare la
riscossione dell'imposta o di evitare talune frodi o evasioni fiscali.”
La sesta direttiva ammette, dunque, due possibili deroghe al divieto di introdurre
limitazioni del diritto di detrazione:
. una per “motivi congiunturali”, secondo un procedimento che prevede la
consultazione del comitato istituito ai sensi dell'art. 29;
. l'altra per ragioni di semplificazione oppure di contrasto delle frodi e dell'evasione
(non necessariamente congiunturali), secondo il procedimento autorizzatorio di
cui all'art.27.
La (presunta) violazione del diritto comunitario
Posto che le limitazioni del diritto di detrazione dell'Iva sui costi dei predetti mezzi di
trasporto, non essendo state introdotte in forza di autorizzazione ex art.2710, possono essere giustificate soltanto ai sensi dell'art.17, par.7, che però, come si è visto, le ammette per “motivi congiunturali” e previa consultazione del comitato Iva, ci si chiede, tralasciando la questione se la formale “presa d'atto” del comitato soddisfi o meno la condizione procedimentale11, se una normativa temporanea che si protragga
3. I paragrafi 1 e 2 si applicano a tutti i veicoli a motore - trattori agricoli o forestali esclusi - normalmente adibiti al trasporto stradale di persone o beni, la cui massa massima autorizzata non supera 3500 kg e il cui numero di posti a sedere, escluso quello del conducente, non è superiore a otto. Le spese relative ai veicoli in questione coprono acquisto del veicolo, compresi i contratti di assemblaggio e simili, fabbricazione, acquisto intracomunitario, importazione, leasing o noleggio, modificazione, riparazione e manutenzione, nonché le spese relative a cessioni o prestazioni effettuate in relazione ai veicoli e al loro uso.
Anche tale autorizzazione, peraltro, deve rispettare i principi del diritto comunitario, tra cui quello della proporzionalità. In proposito, si veda la sent. 19 settembre 2000, con la quale la Corte di giustizia ha invalidato la decisione del Consiglio 28 luglio 1989, n. 89/487/CEE, che autorizzava la Francia ad applicare una misura derogatoria all'art. 17, par. 6, secondo comma, della sesta direttiva, ritenendo che tale misura non fosse un mezzo proporzionato all'obiettivo di repressione delle frodi e che incidesse in misura eccessiva sugli obiettivi e principi della sesta direttiva.
Pure sollevata dai giudici trentini nell'ordinanza già citata.
Per quasi venticinque anni risponda a motivi congiunturali e, in caso negativo, quali
siano le conseguenze.
Alla prima domanda la Commissione Tributaria Provinciale di Milano ha risposto
negativamente, basandosi sulla sentenza 8 gennaio 2002 della Corte di giustizia
dell'UE, causa C-409/99.12 Con tale sentenza la Corte ha risolto le seguenti questioni pregiudiziali, sollevate dai giudici austriaci in relazione ad una problematica molto simile a quella che ci riguarda:
.... se l'art.17, n.6, secondo comma, della sesta direttiva debba essere interpretato
nel senso che, in seguito all'entrata in vigore della direttiva, è vietato ad uno Stato
membro escludere determinati automezzi dalla detrazione dell'imposta a monte
nel caso in cui la detrazione stessa era ammessa precedentemente . in caso di soluzione positiva, se l'art.17, n.7, prima frase, della sesta direttiva, debba essere interpretato nel senso che consente ad uno Stato membro di ampliare a tempo indeterminato, senza la consultazione preliminare di cui all'art. 29 della direttiva, le esclusioni dal regime delle detrazioni al fine di consolidare il bilancio.
Sulla prima questione la Corte, richiamando la sentenza 14/06/01, causa C-40/00, ha ribadito che non è consentito alla normativa nazionale estendere, successivamente all'entrata in vigore della sesta direttiva, l'ambito delle esclusioni esistenti allontanandosi così dall'obiettivo della direttiva.
Sulla seconda, ha chiarito anzitutto che la consultazione del comitato è un
presupposto dell'adozione di qualsiasi misura basata sull'art.17, par.7. Tale
disposizione autorizza uno Stato membro ad escludere alcuni beni dal regime delle
detrazioni “per motivi congiunturali”, ossia per ovviare ad una situazione congiunturale nella quale si trova la sua economia in un determinato momento. Pertanto, l'applicazione dei provvedimenti previsti da detta disposizione deve essere limitata nel tempo e, per definizione, questi non possono essere di natura strutturale. La disposizione non autorizza, di contro, uno Stato membro ad adottare provvedimenti che escludano alcuni beni dal regime delle detrazioni dell'Iva privi di indicazioni quanto al loro limite temporale e/o che facciano parte di un insieme di provvedimenti di adattamenti strutturali miranti a ridurre il disavanzo di bilancio e a consentire il rimborso del debito dello Stato.
Occorre notare che, nel caso che ha dato origine alla pronuncia pregiudiziale sopra
riferita, l'esclusione del diritto di detrazione introdotta in Austria nel 1996, ossia dopo un anno dal recepimento della sesta direttiva13, è stata immediatamente oggetto di contestazione; la stessa ordinanza di rinvio alla Corte di giustizia è del 22 settembre 1999, solo tre anni dall'emanazione della norma limitativa.
Se il metro di valutazione fosse solamente il fattore tempo, dunque, parrebbe pacifico escludere che si possa parlare di “motivi congiunturali” di fronte ad una situazione protrattasi per oltre venti anni e concludere conseguentemente, concordando con il collegio milanese, per l'incompatibilità della norma nazionale con la sesta direttiva.
Tuttavia, nella lettura della sentenza, è necessario tenere presente il quadro di
riferimento, che nel caso specifico era rappresentato da una norma inserita, scrive la Corte, “in un insieme di provvedimenti di adattamenti strutturali” e priva di indicazioni di carattere temporale.
In un contesto diverso, quindi, la Corte potrebbe fornire indicazioni nuove rispetto a
quelle della sentenza in esame (anche se ciò non significa che il giudizio sarebbe
differente)
Com'è noto, infatti, l'Austria è entrata a far parte dell'UE il 1 gennaio 1995.
Dal punto di vista formale) il presupposto della “temporaneità” della misura limitativa, come pure quello della previa consultazione del comitato Iva, la Corte dovrebbe necessariamente addentrarsi nel terreno (probabilmente più accidentato) della valutazione quantitativa, per lo meno fornendo qualche elemento per una stima concreta del “fattore tempo” ai fini della verifica del rispetto del predetto presupposto.
Alla stregua di tale considerazione, la conclusione tratta dalla Commissione Tributaria Provinciale di Milano appare un po' meno scontata, mentre si rivela, di contro, molto opportuna l'iniziativa della Commissione di Primo Grado di Trento, che consente di sperare in un chiarimento definitivo da parte dei giudici di Lussemburgo, sicuramente utile per la generalità dei contribuenti.
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